Ina Ripari & Rita Esposito

RHESIS – 18 luglio 2017 Galleria Principe di Napoli e Vetrina Gino Ramaglia via Broggia nella GIORNATA PER LA PACE GLOBALE a cura di Gianni Nappa

È Medea, affascinante figura della mitologia e tragedia greca, il personaggio fulcro della performance delle artiste Ina Ripari e Rita Esposito. L’evento, legato alla seconda edizione di Art Performing Festival, è stato celebrato nella mattinata di martedì 18 luglio 2017 in due step: alla Galleria Principe di Napoli e ad Artisti In Vetrina di Gino Ramaglia in Via Broggia. 

Bio artiste

RITA ESPOSITO : Artista ed architetto, nasce a Napoli il 22 maggio 1968.
Pittrice con una innata predilezione per la pittura ad olio partecipa dal 2005 ad eventi internazionali in Italia e all’estero.
Nel 2012 presenta al pubblico, nella splendida location di Castel dell’Ovo a Napoli, il suo progetto artistico culturale “AmaZone” dedicato alle Donne, guerriere del nostro tempo, che combattono incessantemente, con il proprio essere femminile, per l’affermazione della Verità e del Bene.
Dal 2009 al 2014 lavora alla realizzazione di opere che analizzano e rielaborano il concetto di peccato capitale, che, nell’interpretazione dell’artista partenopea, è a volte ammaliante a volte prepotentemente impositivo, ma che non riesce ad annientare l’essenza dell’Uomo, il Bene supremo di cui è scrigno e custode: nasce così l’evento “sineSIN” che, nello stesso nome, unendo lingue diverse, genera un “ senza peccato” oltre il tempo e lo spazio.
Nel 2013 è coautrice e curatrice de “the Cut Show” dell’artista fotografo Daniele Galdiero, evento di arte interattiva che, dopo essere stato presentato a Londra, Atene, Bercellona e Jaen, è stato accolto al PAN_Palazzo delle Arti di Napoli, nel 2014.
Nel 2014 presenta il suo progetto “Me_Dea” racconto di una Donna che cerca e trova entro sé la propria Dea, con opere pittoriche e, per la prima volta, un’opera di scultura.
Ha partecipato alla “Biennale del Libro d’Artista” a cura di Lineadarte, con opere che indagano il ruolo e i mezzi espressivi dell’Arte.
E’ coautrice con Daniele Galdiero di “Arte_pagina22” spazio web e fisico dedicato ad Artisti che raccontano altri Artisti, in una comunione delle Arti che travalica l’individualismo per approdare ad un nuovo modo di concepire la condivisione artistica.

INA RIPARI : Il grande SPLASH
In tutto il percorso artistico ho raccontato le mie più profonde inquietudini,
il malessere di vivere,
il pessimismo che ha sempre connaturato il mio carattere.
In ogni singolo pezzo c’è una narrazione,
uno stralcio di vita che ho dato in pasto agli altri,usando l’arte come veicolo di comunicazione.
il grande SPLASH non è altro che l’esigenza di tuffarmi
nei meandri della mia anima alla ricerca di una qualche risposta,
capace di placare le mie paure, il senso di inadeguatezza che mi ammanta.
Una coperta nera schizzata di rosso.
Saranno le ferite che la vita infligge a ognuno di noi
o quel poco di positività che cerca di farsi largo?
Bisogna con grande passione emergere,
gridare con forza,
esisto… sono… vivo.
Ina Ripari 

INA RIPARI
è nata il 21-6-1959 a Misilmeri (Palermo)
Dal 1977 vive e lavora a Prato
Al suo attivo numerose personali, collettive e manifestazioni varie.
Dopo un lungo e volontario esilio Ina Ripari tenta di tornare alla ribalta proponendosi nuovamente sulle scene artistiche.
Cosa è cambiato nel suo linguaggio artistico e cosa può rendercela sempre attuale e sempre interessante. A prima vista può sembrare la solita Ina Ripari pessimista concettuale da sola contro il mondo. Ma vi è in questa nuova produzione qualcosa di vitale di diverso un nuovo modo di comunicare. E sempre maggior desiderio di portare l’attenzione di tutte le miserie del mondo che ci circondano. Questa lunga assenza ha fortificato in lei la convinzione che gli artisti hanno un ruolo sociale non solo ludico o estetico. Ma un pungolo per la società, una voce critica. E i tempi bui che stiamo vivendo hanno proprio bisogno di farsi sentire di comunicare di evitare che questa società si avviti su se stessa priva di pilastri priva di valori. Dobbiamo essere un faro e qualsiasi sia la forma di comunicazione artistica che si sceglie illuminare il mondo farlo uscire dal tunnel in cui si è cacciato. Ina Ripari con le sue opere ha sempre cercato di essere concreta con i suoi principi etici e ha usato la sua arte per gridare la sua rabbia ed esprimere il suo disappunto davanti a una società indifferente.
INA RIPARI lavora da sempre, ma è come lavorasse da pochi anni. Ina Ripari, anzi, lavora da pochi anni, ma è come se lavorasse da pochi giorni. Insomma Ina Ripari sta crescendo come artista, impetuosamente, anche se, a prima vista, senza rabbia. Aveva cominciato per gioco: disegni per bambini, ricordi letterari, personaggi immaginati sulle pagine di Hesse, sui ricordi d’infanzia o sulle epopee realistiche del concittadino Guttuso. Esercizi di stile del tutto eclettici, che possono essere dimenticati. Poi qualcosa deve essere successo, perché in poco tempo quegli scherzi sono diventati studi sulla materia e sul colore. Sappiamo che Ina ha fatto parte del gruppo pratese che va sotto il nome di Arteria. Da Arteria Ina aveva assimilato una ferrea attenzione all’integrazione fra strati matrici e sostanza coloristica dell’opera, ma, rapidamente, ha cercato di superare quella fase, allontanandosi peraltro dall’esperienza con il gruppo per ragioni che non ci è dato sapere. Il brusco intermezzo che ha determinato i vistosi cambiamenti di stile del periodo recente, vistosi perché segni evidentissimi di una maturità raggiunta in modo incredibilmente rapido, è stato dunque il contatto con il gruppo pratese o piuttosto l’interruzione dei rapporti con esso? E’ difficile dillo. Sta di fatto che adesso siamo di fronte finalmente ad un’artista che, se ancora non è del tutto padrona dei suoi mezzi tecnici (lei stessa sa che sotto questo aspetto non si imparerà mai abbastanza), è invece pienamente cosciente della propria volontà espressiva. La materia è allora diventata il pretesto di una totale libertà di azione, il colore è quasi del tutto scomparso, assorbito da un nero denso, come pece, venato però da rosse striature,come rivoli di sangue caldo sull’asfalto, come urla nel silenzio, se non fosse che la compostezza estetica delle opere nega, piuttosto che evidenziare , qualsiasi dramma. Ina torna cosi a riflettere su idee che goà furono di dada, e poi dei “nuovi realisti” francesi: recupera perfino i rifiuti, quelli veri e propri, le cose buttate via, quelli meno evidenti della nostra coscienza, la somma delle sensazioni che ci rifiutiamo scioccamente di provare e dei sentimenti che altrettanto scioccamente cerchiamo di nascondere. Sono i residui socialmente inutili ma artisticamente validi di una metropoli di rottami e di cemento; sono bugie dalle gambe corte, che l’artista smaschera in ogni brandello di stoffa, in ogni blocco di cemento sgocciolato di vernice, nello specchio rotto che a qualcuno è costato sette anni di guai, nella bottiglia cui viene negata la trasparenza perché diventi scultura, nel filo di fero di un paralume che somiglia a una mongolfiera, nei dadi e nei bulloni affondati nel bitume, nel polietilene che avvolge ogni cosa con i suoi contorti irregolari, materia potente e bellissima, nel contesto dell’opera e nel suo apparente disordina, tanto quanto sembra effimera e orribile nel contesto originario, apparentemente perfetto, della busta del supermercato. Al di là della dimensione poetica,possiamo inoltre rivedere in queste opere recenti parte del dibattito artistico in atto, constatazione che fa di Ina Ripari un personaggio da tenere sotto controllo con estrema attenzione, un’artista di cui sarà interessante seguire gli sviluppi anche soprattutto per avere un elemento in più attraverso cui comprendere a cosa si indirizza l’arte di oggi.
Mario Rotta